L'ufficio era arredato in modo scarno: una scrivania, un paio di archivi dietro di essa e due guardie immobili dallo sguardo severo.
Seduto dietro alla scrivania, un impiegato brizzolato con un paio di occhiali sembrava affaccendato a mettere in ordine fogli e documenti. Dietro di esso, una porta che probabilmente dava accesso ad ulteriori uffici, mentre di fronte all'ingresso da cui Zed era entrato c'era l'uscita dall'edificio e una finestra.
Zed si portò di fronte alla scrivania, mentre l'impiegato, con fare annoiato, gli disse <<Prego: nome della nave e nome di battesimo>>.
<<Ferdinando e Zed T. Shevenz>>
L'impiegato lo guardò storto. Zed pensò che forse si aspettava che gli dicesse il nome di battesimo per intero, ma non aveva mai portato particolare simpatia per il suo secondo nome e ignorò lo sguardo dell'uomo sorridendo.
Scrollando le spalle, l'impiegato si piegò in avanti e aprì il libro dell'elenco dei passeggeri della nave.
<<Documenti e bagaglio>> disse imperiosamente.
Zed posò sulla scrivania la sacca dei viveri ed estrasse la pistola. Una delle guardie fece per muoversi verso il viaggiatore, ma si fermò subito non appena l'arma fu posata lentamente vicino alla sacca.
Da una tasca dei pantaloni Zed tirò fuori alcuni pezzi di carta macchiati di caffè e inchiostro e li porse all'impiegato.
La guardia iniziò a rovistare nella sacca dei viveri mentre l'impiegato, scartando alcuni documenti con evidente disgusto e tenendone altri, riempiva dei moduli con un pennino.
Dopo pochi minuti l'impiegato restitui le carte a Zed e iniziò a fargli delle domande:
dove era nato, l'età, il nome del padre e della madre... tutte informazioni che aveva appena letto nei documenti e a cui, era ovvio, non credeva minimamente.
<<Quello che non mi è chiaro>> disse l'impiegato <<è cosa fa lei nella vita? O cosa ha fatto?>>
Zed restò in silenzio per qualche istante, mentre l'impiegato e le guardie lo fissavano incuriositi.
Poi rispose, sempre sorridendo: <<Collaboratore di giustizia>>.
L'impiegato trasalì. <<Che cosa intendete?>> chiese.
<<Quello che ho detto. Do una mano alla giustizia>>. Rispose serafico Zed.
<<Ah!>> Esclamò l'impiegato. <<siete stato sceriffo?>>
<<Non esattamente>> ghignò Zed. <<Non mi fermo mai per troppo tempo nello stesso posto>>
<<Ma allora avete prestato servizio nell'esercito?>>. L'impiegato stava innervosendosi.
<<No, anche se ammetto che l'esercito qualche volta mi ha pagato>>.
<<Insomma!>> gli fece spazientito l'impiegato. <<Si decida a dire che lavoro ha svolto!>>
<<Lasciate che vi mostri qualcosa che metterà a tacere ogni dubbio>>. Dicendo questo, Zed estrasse dal taschino della camicia un foglietto di carta ingiallito piegato in quattro. Prima che qualcuno potesse dire o fare qualcosa, lo lanciò sulla scrivania con un movimento quasi impercettibile della mano.
L'impiegato prese il foglio, lo aprì... e sobbalzò sulla sedia.
Il foglietto non era altro che un manifesto di un ricercato, tale Sam lo Sfregiato, capo di una banda di predoni, assassini e stupratori. Il manifesto era talmente rovinato che la taglia era illeggibile, ma si potevano ancora distinguere chiaramente le parole “Vivo o Morto”. Sopra alla parola “Morto” era stata disegnata una linea di un rosso così intenso che lasciava pochi dubbi sull'inchiostro usato.
L'impiegato alzò la testa dal manifesto.
Zed lo fissava.
La barba incolta nascondeva a stento un ghigno sinistro, da cui si intravedevano i canini di un coyote. Gli occhi azzurri, diventati improvvisamente spettrali, sembravano aver catturato quelli dell'impiegato, che iniziò a sentire dei brividi lungo la schiena.
Per dieci interminabili secondi, nulla sembrò muoversi all'interno dell'ufficio.
Perfino il respiro delle guardie sembrò essersi fermato di colpo, lasciando come unico suono udibile l'ululato del vento all'esterno.
Poi l'impiegato sussurrò <<questo... è...?>>
<<Si. E' con quello che ho pagato il mio biglietto di imbarco>> rispose tranquillamente Zed.
L'impiegato dimenticò che l'uomo che aveva di fronte era disarmato e iniziò a sudare freddo.