Otto rintocchi
Sei rintocchi. Sei rintocchi della campana, tanti quanti i bicchieri di whisky che mi scolerò stasera. Non importa se domani all'alba sarò ancora sbronzo e se quei dannati avanzi di galera non avranno paura di me, voglio solo dimenticare per un attimo questa mia triste esistenza. Ora devo solo resistere, ancora un paio d’ore e un’altra giornata sarà alle spalle.
Il primo bicchiere lo berrò per dimenticare quanto sono stato stolto quattro mesi fa, quando non insistetti per continuare a fare il mandriano. Ora sarei lassù sulla collina a divertirmi con il lazo, trasportando bestiame e fumando bionde, invece mi sono lasciato appioppare questa dannata stella e sono qui in città a farmi schernire. “Hai proprio uno sguardo da sceriffo” mi dissero. “Hai proprio un’aria da fesso” mi dicono ora. Dannati loro, avrei dovuto rifiutare. La città è fin troppo viva per me con tutto questo andirivieni che mi infastidisce. A me piace la calma, piace poter ascoltare il vento, invece qui ci sono solo schiamazzi, urla e piagnistei di ogni tipo.
Il secondo bicchiere lo scolerò in un sol fiato per dimenticare i “calci” che prendo tutti i giorni dagli sciagurati che passano da questa cittadina. Oggi uno schifoso mi ha perfino vomitato sugli stivali, gli avrei conficcato lo sperone in gola, ma sono lo sceriffo e questo piacere lo devo lasciare ad altri.
A volte credo di essere vicino a una crisi di nervi, mi ritrovo a sognare ad occhi aperti cose che non si addicono ad una persona come me. Mi giro, con passo spedito entro nel mio ufficio, prendo un winchester dalla rastrelliera, lo carico, esco in strada, prendo la mira e premo il grilletto. Un solo colpo, preciso, un corpo cade esanime a terra, la gente urla e fugge in preda al panico. E io rido, perché finalmente avrebbero qualcosa per cui urlare. Forse dovrei iniziare a preoccuparmi per la mia salute mentale, ma in questo momento nulla mi interessa più di qualche bel bicchiere di whisky.
Il terzo lo berrò per dimenticare Mary Lou, la ballerina, e il quarto per dimenticare il grande capo indiano, che ha una tresca molto poco segreta con lei. Ci ho provato, ci ho sperato, ho perfino pregato, ma non posso competere con il cappello di piume del pellerossa, non ci posso fare nulla, non è colpa mia se ho il fascino e il carisma di un pony storpio. Devo proprio aver fatto qualcosa di male per meritarmi anche questo.
In questo istante potrei perfino piangere, ma il sole che scende inesorabilmente verso l’orizzonte mi ricorda che devo resistere ancora un paio d’ore, ormai manca poco. Mentre aspetto continuo a sbraitare “Fermo li!”, “Attento a quello che fai!”, “Gente è stata appesa per molto meno!”, “Di questo passo domani sarai sulla forca!” cercando di mantenere un po’ di ordine e civiltà in questo luogo. Cambiano le facce, ma le mie frasi sono sempre le stesse. Non ho mai sognato di fare lo scrittore o il poeta, ma non credevo di ridurmi a questo. Quando ho cercato di mettere un po’ di “colore” sono stato rimproverato da mezza città che è venuta a trovarmi Bibbia alla mano e con tanto di citazioni. Ai bigotti a quanto pare non piace che Dio venga affiancato ad animali vari in un’esclamazione su due.
Sette rintocchi. Sette rintocchi della campana. Ancora un’ora e mi permetterò di brindare al becchino, l’unico che se la passa peggio di me. Pregherò Dio che la situazione possa rimanere la stessa ancora a lungo per lui, perché non sopporterei di ritrovarmi a essere l’uomo più inutile della città. È moralmente poco giusto quello che chiedo, ma la morale è una questione che non mi concerne; la lascerò ai pellegrini e alle loro cantilene.
L’ultimo bicchiere lo berrò per la stella che porto al petto. Da bambino giocavo a fare lo sceriffo, sognavo di impugnare una Volcanic e ammazzare banditi e indiani - anche se poi con il tempo capisci che con quell’arma avresti fatto una brutta fine, ma questo i bambini per fortuna non lo sanno - invece ora che mi chiamano sceriffo vorrei volentieri fare altro. Il fascino di questa stella lucente è un po’ sopravvalutato, e io la scambierei volentieri con un’incudine o un aratro.
A ripensarci bene erano proprio bei tempi quelli in cui credevo ancora nel bene e nella legge. Pistole, cavalli e piombo… ma purtroppo qui c’è solo fango, scherno e vergogna. I tempi sono cambiati, lo vedo negli occhi delle persone. In passato il bene li affascinava, in un misto di rispetto e soggezione, mentre oggi sembra quasi che il male abbia preso il sopravvento. Rapine, alcol e donne, ecco quello che cerca la gente ora. E intanto io faccio il mio dovere, anche se poco utile: “Fermati, prima che tu debba pentirtene amaramente!”. Ancora poco, ancora poco.
Otto rintocchi. Otto rintocchi di quella maledetta campana. Finalmente potrò dire la frase che più adoro di tutte, la sola che mi fa tirare avanti dall’alba fino alla sera: “Cari bambini, vi ringraziamo di aver passato una giornata con noi e speriamo di rivedervi presto. Il parco sta chiudendo e i cancelli si trovano in quella direzione”. Dannati marmocchi, figli del demonio, un giorno o l’altro qualcuno lo seppellirò vivo in uno di quegli inutili buchi scavati dal becchino. Non li sopporto proprio. Avrei dovuto lavorare come Re in un parco a tema medievale, perchè forse oltre ad una regina avrei avuto anche qualche cortigiana, ma in mancanza di questo, dovrò accontentarmi del whisky.